38-La buca galattica

Anche lo studio di una buca galattica mi si poteva rivelare abbastanza interessante. Ma di essa mi erano ancora ignote sia la forma sia l'influenza che poteva esercitare sulle stelle e sui loro eventuali coinquilini. Questi ultimi, come la nostra Terra e la nostra Luna mi testimoniavano, non potevano di certo mancare e dovevano avere anch'essi una loro esistenza attiva. Perciò mi diedi anche a questo nuovo studio, impegnandomi in esso con la stessa alacrità dimostrata in quello di una stella. Ebbene, riguardo alla loro forma, le buche galattiche presentavano tra di loro alcune diversità, le quali erano dovute esclusivamente alla posizione che esse occupavano all’interno della grande sfera cava. Di regola, quelle più interne erano fusiformi; mentre quelle più esterne risultavano spiraliformi; soltanto le più vicine alla fascia mediana assumevano più o meno una forma sferoidale. La loro diversità di forma era da attribuirsi principalmente alla quantità di pressione esercitata dallo spazio cosmico sulle varie galassie in esso contenute. Inoltre, andava chiarito che ogni buca galattica imprimeva alle proprie stelle e ai corpi celesti ad esse aggregati caratteristiche e modi di esplicazione assai differenti. Le une e gli altri riguardavano sia le distanze esistenti tra le stelle sia la nascita intorno a loro di nuovi astri, i quali potevano presentarsi parzialmente o completamente spenti.

In merito agli altri coabitatori galattici delle stelle, come non mi era stato difficile accertarne l’esistenza, poiché il nostro pianeta e la sua Luna me lo confermavano in modo incontestabile; così mi risultò anche molto facile risalire alle origini della loro formazione e studiarne la composizione. Si trattava, ovviamente, di prodotti non solo diversi dalle stelle; ma pure strutturalmente eterogenei tra di loro, quantunque derivassero dalla stessa sostanza dello spazio vestibolare. Il contenuto appartenente al vestibolo, infatti, ad ogni formazione di un nuovo cosmo, spesso varcava la soglia della grande sfera cava, seguendo la scia di una stella ed accodandosi ad essa. Così iniziava le sue peregrinazioni lungo l’intera espansione galattica, trasformandosi non di rado nei più disparati prodotti cosmici, se li si consideravano nella loro forma e nella loro costituzione. Il suo ingresso nella sfera cava avveniva con la conservazione del suo primitivo stato gassoso e del suo aspetto nebuloso. Quanto alla quantità della sostanza vestibolare, invece essa non si introduceva nelle galassie seguendo una regola fissa; perciò si trattava di una quantità variabile, differente da una stella all’altra. In verità, erano solo talune stelle che potevano prelevarla dal vestibolo e trasportarla oltre i suoi confini. C’era poi da far presente che non tutte le stelle, che erano deputate a tale prelievo e trasporto, riuscivano a tenersi dietro la lunga scia dei gas vestibolari fino al loro luogo di destinazione. Alcune di esse la perdevano lungo il loro percorso, ossia subito dopo aver fatto il loro ingresso nelle rispettive buche galattiche. Ne conseguiva che solo alcune scie nebulose, che facevano da coda ad alcune stelle, subivano l’identica trasformazione e la medesima sorte.

Le scie gassose, che si staccavano dalle loro stelle trattrici prima ancora che queste avessero raggiunto il luogo ad esse destinato, di norma potevano scegliere tra poche alternative. Alcune girovagavano per l’immensa e gelida galassia, senza mutare struttura, ma assumendo a volte la forma di uno sproporzionato vortice. Altre si frantumavano e si trasformavano in miriadi di comete dalle dimensioni diverse, gran parte delle quali spesso si mettevano ad orbitare intorno a qualche stella, dove venivano costrette a subire varie trasformazioni. Sotto la forma di nebulose, esse potevano andare incontro a forte dilatazione, raggiungendo proporzioni sterminate, a volte maggiori di quelle di una stella. Sotto forma di comete, esse spesso abbandonavano la loro fredda orbita, che si trovava molto distante dalla loro stella, e si avvicinavano ad essa alquanto considerevolmente. In quel caso, la loro vicinanza alla rispettiva stella arricchiva lo spazio circostante di luminosi ed incantevoli scenari. Quel fenomeno straordinario era dovuto al fatto che i gas nebulosi di alcune comete, orbitando in regioni gelide e mescolandosi con i residui di combustione stellare, si rarefacevano ed assumevano una struttura cristallina, riflettendo in questo modo la luce stellare. Di conseguenza, lo stato solido della loro nuova struttura appesantiva la massa di tali comete. Per cui esse venivano a subire una maggiore attrazione da parte della propria stella. La quale ne causava sia la fuoriuscita dalla rispettiva orbita iniziale sia l'avvicinamento a sé.

Ce ne stavano alcune che si accostavano a tal punto alla loro stella, da andare incontro ad un processo di combustione, trasformandosi perciò in enormi fiaccole vaganti per lo spazio. Esse, che prendevano il nome di meteore, non avevano vita perenne. Infatti, la gelida temperatura dello spazio più remoto e il pulviscolo in esso presente, col passare del tempo, spegnevano il loro fuoco fiammeggiante e le trasformavano in asteroidi e meteoriti, cioè in colossali ed informi macigni. Questi, a loro volta, erravano per lo spazio profondo di un sistema stellare, fino a quando non entravano nell’orbita di qualche astro, dove potevano venire a collisione con esso e porre fine alla loro corsa sfrenata. Quanto alle scie nebulose, che seguivano la loro stella trattrice fino alla loro meta designata, di regola le si scorgeva trasformarsi in pianeti orbitanti intorno ad essa, esattamente come faceva la nostra Terra con il proprio Sole. In caso contrario, diventavano satelliti orbitanti intorno ad un corpo spento più grande, come faceva la Luna con il proprio pianeta. Ma in che modo e in base a quali leggi avveniva quella loro trasformazione?

Ecco già pronti altri due nuovi interrogativi, in quella mia interminabile ricerca! Allora senza indugio mi incaricai di dare anche ad essi delle plausibili risposte. Di certo non potevo esimermi dallo studio di una componente così importante di un cosmo, almeno in riferimento all’essere umano, qual era appunto un sistema planetario che si dava ad orbitare intorno alla sua stella-madre. Anche perché quel sistema mi avrebbe chiarito sufficientemente tutto quanto era inerente alla nostra Terra e alla nostra Luna. Inoltre, esso mi avrebbe condotto alla conoscenza dell’insieme delle cause, degli effetti e dei fattori decisivi che avevano permesso la loro formazione e rendevano ora possibile la loro esistenza nell’universo. Così, senza pensarci due volte, mi diedi al mio nuovo rilevante studio.

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