246°-IL LICANTROPO BULKAR ACCOGLIE LA PICCOLA SENIA IN CASA SUA

Per risalire alle origini della setta delle Teste di Lupo, bisognava andare indietro nel tempo, precisamente fino a mezzo secolo prima. A quell’epoca, infatti, rimontava la nascita del suo fondatore, il quale era stato il sacerdote Tusco. Intorno a lui, era fiorita una suggestiva leggenda, che in realtà tale non era. Comunque, essa, per gli adoratori del Grande Lupo, era diventata il loro testo sacro ed inviolabile, dal quale non si poteva prescindere, se si voleva pervenire alle più alte vette della religiosità. Ma noi verremo a conoscenza dei reali fatti accaduti, allo scopo di comprendere meglio le ragioni e il fine della setta. In un certo senso, i primordi della stessa avevano riguardato non tanto la persona di Tusco, quanto quelle dei suoi genitori, i quali erano stati suo padre Bulkar e sua madre Senia.

Quando aveva avuto appena dieci anni, la piccola Senia era stata abbandonata dai suoi genitori nel Bosco dei Gemiti. Questo nome veniva dato ad una vasta boscaglia, che si estendeva ad est della Regione dei Laghi e circondava interamente una collina di media altezza. Quest’ultima, che poteva superare di poco i duecento metri di altitudine, digradava con le sue pendici verso la folta associazione vegetale, che l'ammantava di un verde carico. Invece, nella sua parte superiore, si estendeva un modesto pianoro, la cui superficie pianeggiante era di circa tre miglia quadrate. In riferimento al nome dato al bosco in questione, esso era scaturito dal fatto che nelle notti di plenilunio vi si udivano delle voci indistinte ed indefinibili. Esse non si lasciavano attribuire con esattezza né ad organi vocali umani né ad altri di una qualsiasi specie animale. Ma si poteva asserire con certezza che esse risultavano delle emissioni vocali verosimilmente lamentose. Inoltre, in taluni momenti, somigliavano a dei guaiti prolungati; in altri, invece, parevano addirittura dei gemiti sommessi e distesi. In conclusione, nessuna delle persone, che si erano trovate a lambire il bosco per puro caso, era mai riuscita a scoprire chi emettesse quelle voci piagnucolose. Così pure ignorava che cosa esse significassero, quando si davano ad espandersi nei luoghi circostanti e ad infondere nei loro ascoltatori una certa preoccupazione.

Ritornando a Senia, ossia alla nostra ragazza abbandonata, ben presto ella si era ritrovata a fare i conti con la terribile realtà della cupa boscaglia. Questa si presentava come una vegetazione composita, poiché concorrevano a formarla soprattutto alberi di grande fusto, come faggi, castagni, abeti ed aceri. Ma anche vi si rivelava predominante la presenza di numerose specie erbacee ed arbustive, che ne costituivano il folto sottobosco. Ebbene, vedendosi tutta sola in quell'intrico vegetale, la ragazza si era spaventata a morte. Perciò, perfino quando in lei lo spavento era scemato di intensità, ella aveva seguitato a piangere e a tremare da capo a piedi. Alla fine, divenuta preda di un folle terrore, la sventurata si era data a correre a rotta di collo. La corsa, però, anziché condurla all'esterno del bosco, ve l'aveva fatta addentrare maggiormente, spingendola così verso la parte centrale di esso, ossia in direzione del piccolo rilievo, a cui è stato fatto accenno poco fa.

Quando poi era arrivata ai piedi della modesta altura, Senia era stata raggiunta da parecchi ululati, i quali le erano sembrati dirigersi proprio verso di lei. Lo comprovava il fatto che essi venivano avvertiti da lei ad una distanza sempre più ravvicinata, oltre che farsi udire a mano a mano sempre più forti. La qual cosa le comprovava che le distanze che la separavano dalle temibili bestie si andavano accorciando ogni momento di più. Allora, atterrita ulteriormente dall'avvicinarsi dei lupi, la ragazza si era lanciata fulminea per uno stretto sentiero abbastanza erto, il quale si inerpicava con volute ascendenti lungo le pendici della collina e si snodava con difficoltà su per il pendio. Il quale, intanto che ella saliva verso il pianoro, spesso le faceva incontrare lungo il suo percorso greppi e balze alquanto disagevoli, fino a presentarlo quasi intransitabile. Per tale ragione, per arrampicarsi in quelle zone scoscese e al limite della pervietà, Senia era dovuta andare incontro ad una dura sfacchinata non di poco conto. La quale, ad un certo punto, le aveva provocato perfino uno sfinimento fisico. Volendo chiarire meglio la situazione, in quegli istanti difficoltosi, più che l'immane stanchezza, era stata la paura a stremarla maggiormente. Essa l’aveva depressa psicologicamente, siccome quella corsa le si era trasformata in una vera visione allucinante. Le fameliche bestie, che stavano per sopraggiungere, a un tratto, si erano messe a terrorizzarla che peggio non potevano, facendole perfino sfigurare il volto. Ciò era dovuto al fatto che in passato i racconti dei genitori sui lupi l'avevano spinta a maturare nell'intimo un atteggiamento addirittura fobico nei confronti di tali bestie, che appartenevano alla famiglia dei canidi.

Quindi, la disgraziata fanciulla, procedendo all'impazzata lungo il versante della collina, aveva corso anche il pericolo di precipitare da qualche dirupo a strapiombo. Ad ogni modo, l'aver rischiato di cadere a capofitto in qualche precipizio ugualmente non l'aveva spaventata in modo esagerato. Invece, come possiamo immaginarci, l'aveva atterrita la sua ossessione di venire raggiunta e sbranata dagli ululanti e feroci lupi in arrivo. Così, dopo una faticaccia stancante, alla fine era riuscita a scalare il colle. La sua corsa a perdifiato, però, non era cessata, dopo avere raggiunto la sua sommità. Essa era continuata anche lassù, sebbene venisse rallentata dalla vegetazione boschiva, la quale adesso era diventata ancora più aggrovigliata ed impraticabile. Ma siccome i lupi la incalzavano imperterriti, ella non ci pensava nemmeno di fare una piccola sosta, a dispetto del suo fiato grosso e del suo fisico, che adesso si presentava spossato al massimo!

Poco dopo, una volta che aveva percorso qualche chilometro del nuovo sentiero, la vegetazione della boscaglia si era andata diradando sempre di più, almeno fino a quando Senia non aveva raggiunto una piccola radura. Nel cui centro, si elevava un albero secolare con forma e dimensioni mai viste da lei prima di allora. Dal fusto principale, che risultava aereo fino a due metri di altezza, si diramavano verso l'alto tre giganteschi tronchi, ciascuno avente una propria chioma ed una propria ramificazione. Invece là dove avevano origine i tre assi secondari, precisamente in mezzo a loro, si notava uno spazio concavo di una certa capienza, poiché esso poteva dare ricetto ad un paio di persone. Allora, al primo avvistamento del branco di lupi che la incalzava, Senia non aveva esitato ad arrampicarsi alla corteccia dell'albero e ad intrufolarsi nella concavità arborea specificata. Ella l'aveva ritenuta un ottimo rifugio per scampare all'aggressività e alla voracità degli odiosi carnivori.

Una volta che vi si era sistemata per bene, mentre vi restava tremante, la ragazza aveva sperato che quelle bestie terribili non riuscissero a raggiungerla su quella parte dell'albero che, anche se era poco alta, la ospitava alla meglio. Dopo, intanto che ella attendeva stravolta l'arrivo delle temibili bestie feroci, il suo cuore si era dato a pulsare con un'accelerazione parossistica. Le era addirittura sembrato di avvertirlo in gola sproporzionato e soffocante, nonché prossimo a provocarle un mancamento e a privarla del suo stato di coscienza. Il suo corpo, invece, era rimasto rannicchiato in quel rifugio angusto che, sebbene lo ritenesse poco affidabile, in un certo senso le risultava tale, da essere considerato benaccetto e da non rifiutarsi. A dire il vero, la ragazza pareva che volesse apparire in quel posto piccola come una lucertola, per non essere avvistata dai lupi che erano prossimi a raggiungerla, visto che essi già sfrecciavano baldanzosi e tremendi per la radura. Lo stato di immobilità da lei assunto, mentre faceva protendere nel vuoto il suo sguardo inebetito, non riusciva ad annebbiare lo sbigottimento che traspariva dai suoi occhi. I quali rivelavano quanto il suo animo fosse esterrefatto, per cui esso la faceva sentire annichilita fino al parossismo!

Dopo una breve e spasmodica attesa, alla fine la spaventata Senia aveva visto giungere il branco di lupi che la rincorreva, il quale comprendeva circa un centinaio di individui. Ma le temute bestie, anziché cercare di assediare l'albero con l’intento di aggredirla, si erano fermate ad una quindicina di metri da esso. Formando poi un grande cerchio intorno al suo tronco, si erano posizionate acculate in tale posto. Inoltre, pur restando con lo sguardo fisso ed immobile, esse non lo distoglievano da colei che avevano inseguita, come se la stessero sorvegliando. Mantenendo così la medesima posizione, i lupi, anziché esprimersi con ringhi rabbiosi e minacciosi, si erano dati ad emettere ululati sommessi e prolungati, i quali non si intonavano affatto con la rabbia e con le minacce. Era sembrato che le belve stessero invocando l’arrivo di qualcuno, per cui adesso lo attendevano con grande ansia. Lo faceva pensare la loro insistenza nell’invocare la sua presenza in quel luogo, dove si trovava la piccola ospite, che versava in uno stato pietoso.

Poco più tardi, la persona, della quale i terribili animali stavano reclamando un celere arrivo, era stata vista sbucare da un ginepraio vicino. Dopo essa si era diretta verso il gigantesco albero su cui la terrorizzata ragazza poco prima aveva trovato rifugio. Avvenuto infine da parte sua il superamento del cerchio formato dai lupi, l'uomo aveva proseguito in direzione dell'albero dalla strana arborescenza. Al suo passaggio, le bestie immediatamente avevano smesso di ululare. Inoltre, abbandonata la loro posizione acculata, avevano assunto quella ventrale, restandosene poi con le zampe anteriori distese in avanti e il capo appoggiato sopra le medesime. Ricorrendo alla nuova posizione del corpo, la quale equivaleva ad un atto di sottomissione, le belve avevano manifestato la loro intenzione di prosternarsi davanti al suo portamento ieratico. Volendo riferirci invece più specificamente all’uomo che era appena arrivato, che procedeva con una solenne andatura ed estrinsecava un'aria fiera, egli presentava una capigliatura lunga ed inanellata. Il cui colore, pallidamente paglierino, era solcato da vari iridescenti riflessi di un bel verdemare. Il nuovo personaggio, inoltre, dall'apparente età di una trentina di anni, era alto poco più di due metri e sfoggiava una maestosa corporatura atletica. Invece il suo corpo indossava un succinto perizoma, il quale riusciva appena a coprirgli le sottostanti vergogne.

Dopo aver raggiunto il tozzo tronco dell'albero dalla strana forma, il misterioso personaggio si era arrestato. Egli, che aveva dimostrato di avere uno straordinario ascendente sugli indocili lupi, desiderando tranquillizzare la ragazza, le si era espresso con queste parole:

«Posso sapere come ti chiami, graziosa bambina? Sono qui per rassicurarti che non hai nulla da temere dalle mie fedeli bestie. Il mio nome è Bulkar e ti faccio presente che ho il pieno controllo dei lupi che scorgi tutt'intorno, per cui ubbidiscono ciecamente ad ogni mio comando. Essi, dopo che ti avranno vista in braccio a me, essi ti riterranno una mia protetta e una loro amica. Da quel momento, perciò, baderanno a difenderti da chiunque cercherà di procurarti anche il minimo male. Ora mi dici il tuo nome, per favore, dal momento che sono molto desideroso di conoscerlo? Ti prometto che tra poco diverremo degli ottimi amici!»

La ragazza all’istante aveva avuto fiducia in lui e gli aveva creduto sulla parola, senza mostrare nessuna esitazione. Per questo, dopo avere ascoltato le sue incoraggianti frasi, ella era uscita dal suo clima di timore e di diffidenza. Così alla fine gli aveva risposto:

«Mi chiamo Senia e sono stata abbandonata nel bosco dai miei cattivi genitori. Essi, comportandosi come ti ho detto, hanno dimostrato di non volermi bene per niente! Eppure, prima di allora, ho sempre creduto che entrambi mi volessero un sacco di bene e mi adorassero!»

Di lì a poco, additando i numerosi lupi che circondavano l'albero, quasi tremante, gli aveva aggiunto:

«Perché non li mandi via, Bulkar? Essi mi spaventano a morte!»

«Non pensare a loro, Senia; ma buttati tra le mie braccia. Vedrai che dopo quei lupi, che tanto temi, diverranno più docili degli agnelli, nonché si considereranno i tuoi inseparabili compagni! E tu farai altrettanto!»

La ragazza, senza farselo ripetere due volte, lo aveva assecondato. Allora Bulkar, tenendosela teneramente in braccio, l'aveva condotta in un posto dove ella potesse essere avvistata dall'intero branco di lupi. In quel luogo, l'uomo, dopo aver preso la ragazza per la vita, l'aveva sollevata il più possibile. Sorreggendola poi al di sopra della propria testa per tutto il tempo che si era rivolto alle mute ed attente bestie, si era messo a parlare ad esse in un linguaggio strano, che era apparso alla ragazza del tutto incomprensibile. Ad ogni modo, esso si era espresso talmente forte, da farsi udire da tutte loro. Alle parole risolute di Bulkar, l'intero branco di lupi si era prima rizzato sulle quattro zampe e poi aveva iniziato ad avanzare in direzione della ragazza, l'uno dietro l'altro. Una volta al cospetto di lei, le ammansite belve si erano accucciate, mugolando per un paio di secondi. In quel modo, esse avevano voluto mostrarsi contrite di averla spaventata; ma anche avevano desiderato farle intendere la loro incondizionata obbedienza. Quando infine anche l'ultimo lupo aveva portato a termine il medesimo rituale degli altri, Bulkar si era ripreso tra le braccia la gracile fanciulla. Dopo con lei si era diretto verso la parte boschiva di ponente; invece i suoi amici a quattro non, passo dopo passo, avevano smesso di seguirlo.

Superata la radura in modo spedito, l’uomo, mettendo in mostra una prestanza fisica eccezionale, aveva intrapreso uno angusto sentiero. Il quale, dopo alcune volute in dolce pendio, alla fine era terminato all'imbocco di una spaziosa caverna. Davanti ad essa, si estendeva un breve terrazzamento naturale, che era interamente esposto ad oriente. Invece la sua parte interna, la quale era profonda una decina di metri e si presentava piena di luce, ogni mattino veniva invasa dai luminosi e tiepidi raggi del sole nascente. Entrato poi nella caverna, l'uomo aveva rimesso a terra la piccola ospite. Ella, poiché veniva spinta dalla curiosità, aveva cominciato a guardarsi intorno assai stupita, trovando abbastanza accogliente il luogo. Ma subito dopo l'uomo le aveva fatto presente:

«Questa è la mia casa, Senia. Da oggi in avanti, ti permetterò di considerarla pure tua! Qui potrai mangiare bene e a volontà. Vi troverai la frutta, di cui sono sempre fornito, grazie alla generosità di alcuni alberi. Per averla, mi tocca solo andare a raccoglierla dai loro rami stracolmi. Presto apprenderai anche tu dove crescono le fruttifere piante che la producono. Così, quando ti verrà la voglia di mangiarne, saprai dove andare a procurartela! Oltre alla frutta, nella mia casa non ti mancherà mai neppure il pane di segale, che viene preparato dalle mie stesse mani. Esso rimane buono a mangiarsi anche quando si rafferma. C'è perfino della carne affumicata, che ti risulterà tenera e gustosa. Quella fresca mi viene procacciata dai miei lupi, ma unicamente al bisogno.»

«Davvero dici, Bulkar? Ma i tuoi lupi come fanno a rendersi conto quando essa ti necessita? Oppure te la procurano ogni giorno? Desidero che tu mi spieghi questo particolare, che mi fa meravigliare.»

«Senia, le bestie vanno a procurarmela, solo quando do loro un simile incarico. Al mio comando, esse partono immediatamente e si danno alla caccia, stanando ed uccidendo qualche piccolo cervo oppure qualche cinghiale, dal quale dopo ricavo la carne che mi occorre. Una volta che l’ho ottenuta da tale animale, la cucino in vari modi: a volte preferisco cuocerla alla brace, altre volte la faccio rosolare allo spiedo. Comunque, la maniera di cucinarla dipende dal tipo di carne che ho, siccome essa non sempre risulta tenera; anzi, a volte la si può trovare perfino dura o legnosa. A questo punto, piccola mia, datti da fare a sfamarti in quantità sufficiente, allontanando da te i morsi terribili della fame. Il tuo corpo emaciato mi rivela che esso è stato sottoposto per parecchio tempo a continua denutrizione. Ma dopo, ti consiglio di farti pure un bel riposino, del quale, come posso rendermi conto, hai un grandissimo bisogno!»

«Invece, mio buon amico, dove vai a fare la tua scorta di acqua? Mi piace molto berla fresca, specialmente quando essa zampilla, siccome ci provo parecchio gusto! Devi sapere che vicino casa mia c’era una sorgente, dove l’acqua fresca non veniva mai meno. Allora io me ne servivo per farmi grosse bevute e per giocare con essa.»

«Anch’io, Senia, vado ad attingere la mia acqua ad una sorgente, la quale si trova a poca distanza dalla nostra casa. Quando ti ci condurrò, vedrai che essa vi sgorga fresca e cristallina, come la desideri tu.»

I consigli di Bulkar erano stati prontamente seguiti dalla ragazza, per cui ella non aveva perduto tempo a divorarsi tutto il cibo che aveva potuto. A dire la verità, la poveretta ne aveva ingurgitato più di quanto il suo stomaco fosse in grado di riceverne, ossia fino al punto da sentirsi scoppiare. Ma dopo aver mangiato a crepapelle, ella si era data ad un pesante sonno, il quale però non era stato per niente tranquillo. Mentre dormiva, Senia era apparsa agitata e in lotta con chissà quale incubo orripilante, poiché esso le trasmetteva un profondo senso di panico e di angoscia. Soltanto durante l’ultima parte del suo stato sonnolento, in lei erano venuti meno i sonniloqui carichi di ansie e di deliri. Allora sul suo volto era ritornata a regnare una calma pacata, facendola scorgere nuovamente in preda a una dolce serenità. Al suo risveglio, la ragazza subito si era accorta della presenza del suo protettore, il quale si trovava seduto ai suoi piedi: egli appariva solido e possente come una roccia! L'uomo si mostrava con le braccia conserte; invece le sue lunghe e muscolose gambe, ricoperte da rada peluria, si presentavano flesse e divaricate. Scorgendolo davanti a sé nella posizione che egli era solito assumere, ella gli si era espressa così:

«Allora, Bulkar, non sei stato un sogno per me: ieri ti ho incontrato sul serio! Temevo che ti avessi soltanto sognato! Devi sapere che mi sei davvero molto simpatico e, con il tuo permesso, vorrei sempre vivere con te nella tua casa! Per favore, me lo consenti, se non ti risulto troppo di peso? Non vorrei più separarmi da te!»

«Bambina mia, certo che ti permetterò di vivere insieme con me nella mia casa per tutto il tempo che vorrai! Ma prima voglio assicurarti che non ho fatto e non faccio parte del tuo sogno! Ora ti sono proprio davanti in carne ed ossa, come puoi prenderne coscienza. Oppure ritieni che io assomigli ad un essere spettrale? Comunque, sono certo che non ti faccio affatto questa brutta impressione! Nevvero?»

«No, Bulkar, non intendevo paragonarti ad un fantasma! Il tuo aspetto mi fa pensare a ben altro e mi fa immaginare delle cose tutt’altro che brutte! Considerato quindi che sei reale, vorrà dire che ieri pure i tuoi bei lupi non sono stati irreali. A proposito, dove sono finite le tue mansuete bestie, che ho iniziato anch’io a volergli un gran bene?»

«Alcune sono in giro per il bosco, a caccia di prede; altre sono rimaste fuori la caverna, pronte a ricevere e ad eseguire qualche mio ordine. Da oggi, però, esse sono disposte ad ubbidire anche ai tuoi comandi. Per esempio, se desideri che quelle a guardia della caverna ti raggiungano qui dentro, perché si mettano al tuo servizio, non devi fare altro che esclamare la parola "iuà". Vedrai come esse accorreranno da te senza perdere un attimo di tempo e ti si mostreranno affettuose e servizievoli in modo incredibile! Perciò sarai felice di averli come compagni fedeli e dediti a servirti in ogni modo che vorrai!»

«Oh, che bello! Allora, Bulkar, anche a me è permesso di ordinargli ciò che voglio! Ma sarà poi vero questo fatto? Inoltre, come faccio a pretendere da loro le altre cose?»

«Certo che ti è consentito, Senia! Comunque, ogni comando trova esecuzione da parte dei lupi, solo dietro il pronunciamento del vocabolo che lo esprime e si presenta il più possibilmente consono al loro linguaggio. Devi sapere che, se i miei lupi comprendono tanti vocaboli, è perché glieli ho insegnati io, dopo averli sottoposti a lunghe e pazienti esercitazioni. Con il tempo, vedrai che anche tu imparerai il limitato vocabolario in loro possesso, la cui conoscenza un giorno ti permetterà di impartire i tuoi ordini agli amici lupi.»

Senza perdere tempo, Senia si era voluta convincere che le parole di Bulkar corrispondevano al vero. Quando poi se n’era accertata con i fatti, ella aveva considerato ingiustificata ogni sua passata avversione verso i lupi. Essi attualmente le si mostravano molto affezionati e fidati, come nessun altro animale aveva fatto prima nei suoi confronti. Da quell’istante, perciò, avrebbe incominciato a stimarli i migliori amici della sua vita futura, esprimendo a tutti loro ogni giorno un affetto sempre maggiore e sinceramente sentito. Una volta consolidato il suo bel rapporto con le bestie che erano considerate da tutte le persone le più feroci del bosco, la ragazza ne era stata molto orgogliosa, palesando perfino al suo benefattore la soddisfazione che provava per esserci riuscita.

In una diversa circostanza, Senia aveva chiesto al suo benefattore:

«Mi vuoi dire, mio caro Bulkar, da quanto tempo hai deciso di venire a vivere insieme con i lupi e quali sono stati i motivi che ti hanno spinto a prendere una simile decisione? Sai, mi piacerebbe moltissimo conoscere ogni cosa della tua vita passata. E anche di te, naturalmente! Allora vuoi esaudire il mio desiderio, che ora è iniziato a farsi avvertire fortissimo dentro di me? Avanti, raccontami ogni cosa che ti concerne!»

Le due domande di Senia, in un primo momento, avevano messo in difficoltà l'uomo, poiché egli intendeva evitare di riferirle alcuni fatti da esse richiesti, sui quali avrebbe sorvolato volentieri. Ma dopo una breve pausa di riflessione, Bulkar si era persuaso che forse non era il caso di rimandare alle calende greche la trattazione dello scabroso argomento. Invece, se lo avesse affrontato subito, parlandone apertamente con la ragazza, sarebbe stato meglio per entrambi, anche perché egli aveva deciso ormai che Senia sarebbe dovuta restare con lui per l’intera sua vita. In quel modo, l'avrebbe preparata, fin dall’inizio del loro rapporto, ad uno strano fenomeno, il quale lo riguardava personalmente. Così, con un linguaggio sobrio, il giovane si era dato a fornirle le risposte alle sue varie domande. Ma prima egli aveva iniziato a dirle un po’ restio:

«Senia, non abbandonai il mio villaggio di Abruok per spirito di avventura; così pure non mi trasferii in questo bosco di mia iniziativa. Devi sapere che l’una e l’altra cosa furono per me delle scelte obbligate, cioè senza che ci fosse la mia volontà. Proprio come è capitato a te, anch'io vi fui condotto e lasciato da mio padre Ersok, dopo avere avuto il consenso di mia madre Ebras. Non conosco le ragioni che hanno indotto i tuoi genitori a comportarsi con tanta disumanità nei tuoi confronti. Ma sono abbastanza sicuro che esse rappresentano ben misera cosa, se confrontate con quelle che spinsero il mio genitore ad avere il barbaro coraggio di abbandonarmi in una lupaia. Te lo posso assicurare!»

«Dici davvero, Bulkar?! Che cosa mai di così brutto da te commesso indusse i tuoi genitori a macchiarsi di una colpa così orribile, da farteli perfino giustificare? Mio padre Surlio e mia madre Terpa, che abitano nel villaggio di Calput, lo hanno fatto solo perché non avevano di che sfamarmi e riuscivano a malapena a sostentare sé medesimi. Ugualmente, però, non li giustifico e provo parecchio rancore nei loro riguardi, per avermi abbandonata tutta sola in questo bosco. Secondo il mio parere, una vera madre e un vero padre avrebbero pensato a soddisfare prima la fame della loro figliola e poi quella loro. A costo di ammalarsi e di morire anche di inedia! Ecco come la penso io, mio caro amico!»

«Invece nel mio caso, Senia, non fu affatto la penuria di alimenti a costringere i miei genitori a decretare il mio abbandono, poiché nella nostra casa il cibo non era mai scarseggiato. Ma essi furono obbligati a fare tale scelta da una specie di maleficio, il quale era venuto ad abbattersi su di me, fin dalla mia più tenera età. Il cui stato conclamato si rivelò soltanto al compimento del mio sesto anno, mettendo la mia famiglia in uno stato di disagio non più tollerabile. Da quel giorno, infatti, il mio corpo cominciò a subire alcune periodiche mutazioni genetiche, che risultavano assurde e non comprensibili da loro due. Per questo, tutte le volte che si verificavano nel mio corpo, esse impressionavano i miei genitori, i quali ne venivano assai traumatizzati psicologicamente.»

«Bulkar, vuoi rivelarmi in quale essere mostruoso ti trasformavi a quell’età, per risultare il tuo aspetto così repellente perfino a coloro che ti avevano messo al mondo? Giacché ci sei, vuoi essere così gentile, da dirmi pure se le tue rivoltanti trasformazioni continuano a perseguitarti, allo stesso modo di allora? Penso che io abbia il diritto di saperlo!»

«Certo che esse seguitano ad aversi dentro di me, Senia! In realtà, non direi proprio che il mio corpo si trasformi in quello di uno spaventoso mostro! Trovi forse mostruoso l'aspetto dei nostri lupi, in mezzo ai quali adesso ti piace tanto trascorrere il tuo tempo, gioendo con loro?»

«I lupi, amico mio, non mi risultano per niente mostruosi, specialmente dopo che ho cominciato a tenerli vicini. Se lo vuoi sapere, da quando la mia vita si svolge in mezzo a loro, me ne sto quasi innamorando! Anzi, posso affermarti che essi mi sono diventati molto simpatici e non scorgo più in loro gli ex terrorizzatori della mia esistenza; ma li trovo i miei amici migliori. A volte mi sembra che i loro occhioni lucidi e intelligenti m parlino e mi esprimano i loro sentimenti interiori, proprio come si comportano le persone. Quindi, Bulkar, come mi viene da pensare, è in un lupo che iniziasti a trasformarti, quando eri ragazzo, la quale trasformazione non smette di perseguitarti ancora oggi!»

«Senia, è esattamente così, ossia come hai immaginato! Infatti, sono affetto da una strana malattia, la quale viene chiamata licantropia. Essa mi fa trasformare periodicamente in un licantropo. Posso assicurarti che, quando ciò avviene, divento la copia perfetta di un lupo e non il leggendario lupo mannaro o qualche altro mostro crudele dalle sembianze orrende. Sì, la mia metamorfosi dà luogo unicamente a questo fenomeno incredibile, il quale si dimostra un autentico mistero!»

«Ma se consiste in ciò la trasformazione del tuo corpo, Bulkar, allora non mi devo affatto preoccupare! Piuttosto voglio sapere ogni quanto tempo tale trasformazione avviene nel tuo corpo e qual è la durata della tua vita da lupo. Così dopo, dal momento che ci sarò obbligata a fare a meno della tua compagnia, saprò quanto tempo dovrò attendere, prima che tu ritorni ad essere un uomo. Anzi, dovrò anche pazientare per tutta la durata del tuo periodo critico.»

«Adesso te lo dico subito, Senia. Ogni notte di plenilunio mi fa diventare lupo; mentre quella di novilunio mi restituisce le sembianze umane. In un mese, come vedi, per circa quindici giorni resto uomo e per altrettanto tempo sono costretto a vivere nel corpo di un lupo. Adesso, se non ho commesso qualche dimenticanza, hai appreso tutto quanto riguarda la mia persona, in senso sia biografico che fisico.»

«Ma tu, Bulkar, quando ti tramuti in un lupo, riesci a conservare la stessa coscienza che hai durante la tua vita da uomo, senza dimenticare niente di te, compreso il tuo nome? Insomma, ti senti ancora il personaggio umano che sei ora, riconoscendo i tuoi amici come me? O vieni a mancare della lucidità di mente e della capacità di gestire i tuoi sentimenti, proprio come capita ad un essere umano? Ecco: è quanto vorrei apprendere ulteriormente sull'altra tua esistenza, se non ti dispiace!»

«Non preoccuparti di queste cose, piccola mia, perché non avrai nulla di cui aver paura. Per fortuna, la mia ragione e i miei sentimenti non vengono intaccati durante la mia esistenza da lupo, poiché essi permangono in me integri. Si tratta solo di una questione di aspetto. Durante la mia metamorfosi lupina, puoi parlarmi ed esprimermi l'intero affetto, visto che riesco benissimo a recepire ogni tuo sentimento, sebbene non possa contraccambiartelo alla stessa maniera. Non dovendo attenderti da me alcun atto aggressivo e brutale, eviterai anche di temermi.»

«Un'ultima domanda ho da rivolgerti, Bulkar, sempre in merito alla tua licantropia. Ti è mai capitato di venire a conoscenza della causa che ha scatenato in te questa grave forma di malattia periodica? Oppure devo pensare che la ignori completamente? Quindi, cosa sai rispondermi in merito? Se ne sei a conoscenza, vorrei che tu me ne parlassi!»

«Invece credo di conoscerla, Senia, siccome riuscii a farmene una idea dai discorsi che i miei genitori facevano tra di loro sul mio conto. Al tempo della mia convivenza con loro, venni a sapere alcune cose in merito alla faccenda. Allora, perché anche tu la conosca interamente, passo a raccontarti in dettaglio i vari episodi di essa.»

Così Bulkar si era dato a raccontare alla ragazza la vicenda che aveva riguardato la sua nascita, la quale gli aveva causato la nuova esistenza da licantropo. Ma noi non ci terremo fuori dal nuovo inverosimile racconto, siccome commetteremmo un errore gravissimo, se fossimo tentati estraniarcene soltanto per infingardaggine.


"Da alcuni accenni dei miei genitori, Senia, ebbi modo di arguire che mia madre aveva avuto un rapporto carnale con il lupo, che essi, dopo averlo addomesticato, ospitavano nella loro fattoria. In merito a tale fatto, non seppi mai se il rapporto fosse stato voluto da mia madre oppure se ad esso l'avesse costretta la bestia. Secondo quanto ella ebbe a confessare a mio padre, dopo la mia prima trasformazione in lupo, era stata la bestia a violentarla. Quella sua confessione al marito, come prima conseguenza, costò la vita all'animale, per avere esso osato tanto nei confronti della sua padrona. Insomma, alla fine era risultato che ella, per uno strano destino, durante i suoi due coiti, oltre che da quello del marito, era rimasta ingravidata anche dal seme della bestia. I due rapporti c’erano stati come adesso ti racconto. Qualche ora prima, mia madre aveva avuto un rapporto intimo con mio padre, il quale era poi dovuto uscire di casa per affari, lasciando mia madre ancora a letto, completamente nuda e sonnolenta. Allora il loro lupo, che in precedenza aveva assistito al loro atto sessuale e se ne era anche eccitato, approfittando dell’assenza del padrone, aveva fatto subito il suo ingresso nella loro camera. In quel luogo, la nudità e la posizione favorevole di mia madre lo avevano eccitato a tal punto, da spingerlo a saltare sul letto e ad avere pure lui un rapporto carnale con la propria padrona.

Molto probabilmente, erano stati i due rapporti sessuali molto ravvicinati, ai quali era stata sottoposta la mia genitrice, a favorire l'aggregazione dei due diversi tipi di liquidi seminali. In quel modo, essi avevano interagito fra loro, fecondando insieme l'ovulo maturo di mia madre. In altra circostanza, probabilmente, la fecondazione non si sarebbe mai verificata nel suo utero. Comunque, quando mia madre partorì, io nacqui come un bambino normale, benvoluto ed amato da entrambi i miei genitori. Invece in seguito le cose cambiarono, ossia poco dopo che ebbi a compiere i miei sei anni di età. Fu a quel tempo che i miei genitori ed io, con nostra brutta sorpresa ci scontrammo con la nuova sgradita realtà. Difatti, giunta la prima notte di plenilunio successiva al mio sesto compleanno, fui sorpreso da un improvviso malore, il quale allarmò eccessivamente anche i miei genitori. Così, intanto che mi lamentavo e mia madre mi prodigava le sue cure amorevoli per alleviarmi la sofferenza, incominciò ad aversi in me una mutazione genetica. Essa, ad un certo punto, tra il grande sconcerto dei miei genitori, si diede a farmi rassomigliare ogni attimo di più ad un autentico lupo.

Di fronte a quello strano fenomeno che si stava verificando in me, trasformandomi in una vera bestia, i poveretti non sapevano cosa fare e come comportarsi. La mia trasformazione, ad ogni modo, durò all’incirca una decina di minuti; ma essi mi parvero una quantità esorbitante. Durante la sua effettuazione, mentre i miei genitori inorridivano, io venivo ad affrontare la nuova sconvolgente realtà. Essa giustamente non si faceva accettare da me senza alcuna conflittualità, poiché mi andava immettendo in un alternarsi di crisi esistenziali scombussolanti e traumatiche. Da una parte, mi sentivo espellere dal mio corpo, che in quel momento iniziava ad avvertirmi come una entità aliena; dall'altra, invece, avvertivo il mio organismo, il quale si rattrappiva e si comprimeva in un'altra entità corporea. Quest'ultima mi reclamava ad ogni costo, quasi le fossi appartenuto da un sacco di tempo. Intanto che avveniva in me quel travaso psichico, sempre accusando una enorme difficoltà esistenziale, percepivo che nella mia persona si davano ad effettuarsi lo smembramento del corpo e la frantumazione dell'animo. Tali percezioni finivano poi col procurarmi delle sensazioni nauseabonde, poiché esse mi trascinavano sull'orlo della disperazione e della follia. Alla fine, dopo essersi attuato lo stadio finale della mia metamorfosi, mi ritrovai ad essere un lupo, ossia una bestia a quattro zampe. Ma siccome in quel momento io non ero ancora abituato ad essere tale animale, mi riusciva assai difficile esprimermi agevolmente, ossia in conformità della mia nuova natura sia fisio-psichica che biologica.

Dopo quello spettacolo da me offerto, nella mente di mio padre venne a balenare l’idea di trapassarmi con la sua spada e di accopparmi senza pietà. Perciò, poco dopo, in preda ad una folle disperazione, egli si adoperò anche per tradurre in concreto ciò che la sua mente gli aveva suggerito. Mia madre, però, opponendosi energicamente all’insano gesto che il consorte si preparava a compiere a danno del figlio, che ero io, non gli permise di ammazzarmi. Secondo il suo ragionamento, il quale convinse pure mio padre, com'ero diventato un lupo, così potevo benissimo ritornare ad essere un bambino. Ella non si era sbagliata per niente in quella sua ipotesi illuminata. Infatti, durante il successivo novilunio, in me iniziarono ad aversi le fasi regressive della mia mutazione genetica. Esse, però, innescando nel mio corpo lupino il processo all'inverso, per ridarmi l'aspetto umano di prima, non poterono fare a meno di rifarmi provare le stesse sensazioni sgradevoli che avevo provato in precedenza. Allora, mio malgrado, dovetti subirle con l'identica prostrazione fisica e psichica, che avevo vissuta quindici giorni prima. Così bastarono una decina delle mie metamorfosi, cinque negative e cinque positive, a farci constatare che si trattava ogni volta di un fenomeno reversibile e che esse avevano una durata quindicinale. Inoltre, ci rendemmo conto che la mia trasformazione in lupo coincideva sempre con la notte di plenilunio; invece la mutazione che mi faceva diventare di nuovo un ragazzo normale corrispondeva a quella di novilunio. Perciò, ad evitare di dimenticarlo, tenemmo le due notti bene a mente. Ma, ad un anno esatto dalla mia prima metamorfosi negativa, mio padre, che a stento fino allora aveva tollerato ogni mia trasformazione in lupo, decise di disfarsi di me all'insaputa di mia madre.

Così una notte, dopo che avevo riassunto le spoglie lupesche, approfittando che ella dormiva, mi rinchiuse dentro un grosso sacco e mi portò via di casa, con l'evidente intenzione di disperdermi in qualche località remota. Dopo due giorni di galoppate, mio padre arrivò in questo bosco, dove mi abbandonò nella prima tana di lupo che gli capitò di incontrare sul suo percorso, ma dopo avermi liberato dal sacco. Prima di lasciare quel posto, inoltre, egli aveva preso le sue precauzioni per non darmi la possibilità di seguirlo e di fare facilmente ritorno nella nostra casa. Infatti, perché ciò non potesse avvenire, mio padre, servendosi di una corda di canapa, mi aveva legato accuratamente ad un macigno di forma cilindrica, il quale si trovava nel mezzo di quell’ampia spelonca semibuia.

Qualche ora più tardi, ero lì che cercavo inutilmente di slegarmi, allorché si riversarono nella tana una mezza dozzina di lupi. Essi, nello scorgermi nella loro tana, non si mostrarono contrariati; anzi, volendomi dare una mano, tentarono pure loro di slegarmi, ma senza successo. Inoltre, finché rimasi nell'impossibilità di uscire dalla tana, badarono loro stessi a procurarmi il cibo, dimostrandomi la loro amicizia e il loro rispetto. Stranamente, quei lupi si comportavano con me, proprio come se fossimo cresciuti insieme da lungo tempo! Da parte mia, ero contento del loro prodigo atteggiamento nei miei confronti. In pari tempo, mi chiedevo quale sarebbe stata la loro reazione, una volta che in me si fosse avuta nuovamente la metamorfosi positiva ed io fossi ritornato ad essere un ragazzo. Dentro di me, pur temendo quell'evento futuro che si prevedeva dai risvolti imprevedibili, cercavo di non pensarci affatto, anche perché ignoravo come i miei coabitatori avrebbero reagito.

Invece in quella circostanza la fortuna mi si mostrò propizia oltre ogni aspettativa. Il mio mutamento in un ragazzo non parve sorprendere per niente i miei compagni lupi; né li infastidì in qualche modo. Essi, pur essendo presenti in tale particolare occasione, accolsero favorevolmente il fenomeno e non si mostrarono aggressivi contro la mia persona. Dopo essermi finalmente liberato dalla corda che mi stringeva al collo come un vero cappio, essi scattarono verso l'uscita e si eclissarono nella boscaglia circostante. Quando poi ne ritornarono dopo alcune ore, i sei lupi miei amici non erano più soli. Insieme con loro, adesso c'era un branco dei loro simili così numeroso, da farmi ritenere che esso, ad occhio e croce, fosse superiore alle tre centinaia di individui. Stando poi in mia presenza, i lupi iniziarono ad ululare per la grande gioia. Immediatamente dopo, ciascuno di loro volle leccarmi le mani e manifestarmi la sua incondizionata subordinazione. Insomma, con quelle loro manifeste effusioni di gioia, essi mi avevano acclamato il loro indiscusso capo. Perciò, da quel giorno in poi, ovunque io andassi, c'erano sempre una ventina di lupi a farmi da scorta, pronti a difendermi da qualsiasi pericolo e a sacrificarsi per me, se fosse stato necessario. Gli stessi, inoltre, da allora in poi, si misero a cacciare per me, procurandomi la carne che mi abbisognava per nutrirmi. A questo punto, termina il mio racconto."


Ascoltata l'intera storia sulla licantropia del suo compagno, la quale l’aveva particolarmente avvinta e basita, la ragazza gli parlò così:

«Una cosa che mi sorprende molto di te, Bulkar, è il fatto che tu, pur essendo stato allevato dai lupi, non sei cresciuto nel bosco come un selvaggio analfabeta. Per me, agisci e ti esprimi come una persona civile ed acculturata. Allora come mi spieghi questo misterioso fenomeno, il quale non dovrebbe essere assolutamente possibile?»

«Al contrario, in questo non c'è niente di cui stupirti, Senia, se lo vuoi sapere. Di certo non sono stati i lupi a trasmettermi l'erudizione, dal momento che essi ne sono privi; né possono farla propria! Devo invece farti apprendere che è stato il mio amico Tocur a trasmettermela. Mi riferisco al saggio uomo, il quale mi ha preparato culturalmente in tutti questi anni. Assai presto te lo farò conoscere. Egli era stimato presso la reggia di Actina un grande sapiente. Naturalmente, prima di diventarlo, aveva divorato un sacco di libri. Ma un bel giorno il mio amico decise di condurre una vita da cenobita, convinto che dall'eremitaggio il suo spirito avrebbe ricavato una maggiore corroborazione spirituale. Per questo, dopo aver disertato la scipita vita di corte per un suo motivo personale, se ne venne a vivere tutto solo in un antro di questo vasto bosco.»

«Ma tu quando avesti la fortuna di conoscerlo, Bulkar? E in quale circostanza della tua vita?»

«Mi imbattei in lui l'anno dopo che ero stato abbandonato da mio padre nella lupaia, di cui ti ho parlato prima. Dopo che fra noi due ci fu uno scambio di confidenze, le quali ci avevano anche incoraggiati a fare l’uno all’altro il resoconto della propria biografia, stringemmo una salda e sincera amicizia. Così, mentre egli si adoperava per farmi assimilare la sua immensa cultura, da parte mia mi facevo in quattro, desiderando essergli utile il più possibile nei lavori materiali, nei quali egli si dimostrava particolarmente imbranato. Tocur, che non è neppure tanto vecchio, gode tuttora un'ottima salute e gradisce la mia compagnia più di ogni altra cosa. Noi due, quando ci incontriamo, ci abbracciamo con tale fervido affetto, che di meglio non saprebbero fare un padre e un figlio naturali. Prendendo esempio da me, anche i lupi iniziarono a rispettarlo e continuano a farlo tuttora, senza mai deludere le sue aspettative.»

«In seguito, Bulkar, come si svolse la tua vita con i lupi? Nel frattempo, ti capitò mai di avvertire la mancanza dei tuoi genitori? Su, raccontami ogni cosa che ti accadde o che facesti, intanto che crescevi e divenivi l'aitante giovanotto che ti dimostri adesso! Facendolo, mi renderai ancora più felice di quella che sono adesso!»

«In verità, Senia, in questi quindici anni che sono cresciuto nella grande famiglia dei lupi, non ho mai rimpianto neanche un poco la mia casa. Soltanto qualche volta ho avvertito la nostalgia di mia madre. Quanto alla mia nuova esistenza, posso affermarti che essa mi è servita a crescere sano e forte, oltre che avveduto e scaltro. I lupi sono delle meravigliose creature e da loro ho potuto imparare molte cose utili, le quali mi sono servite a sopravvivere nel bosco in cui vivo. Con loro, con maggiore frequenza durante la mia fanciullezza, mi sono divertito moltissimo e ho trascorso tante bellissime giornate, che ancora oggi considero oltremodo indimenticabili.»

«Inoltre, mio caro Bulkar, potevi contare sull'amicizia del saggio uomo, che per te non era poca cosa! Non è forse vero che è stato così?»

«Certamente, Senia: è stato come tu hai detto! C'era anche il mio carissimo amico Tocur a farmi compagnia. Io andavo a trovarlo spesso, sia per chiedergli dei consigli sia per conversare con lui. Comunque, in tutti questi anni vissuti con i miei lupi, non ci sono stati episodi significativi, dei quali poterti parlare con un certo interesse. L'unico fatto di rilievo è stato, e continua ad esserlo tuttora, l'atteggiamento che essi assumono durante ogni mia trasformazione negativa, cioè quella che mi fa ritornare ad essere come loro. Nelle notti di plenilunio, i lupi si radunano tutti nei pressi della mia caverna e cominciano ad emettere i loro ululati sommessi e prolungati. Pare quasi che essi provino dispiacere che io abbandoni il mio aspetto umano! La qual cosa mi induce a credere che gli stessi preferiscano venerarmi ed ubbidirmi più nelle vesti di uomo che non in quelle di un loro simile. A volte ne sono totalmente persuaso, da farmi rallegrare ed inorgoglire!»

«Credi davvero che ciò sia possibile, Bulkar?! Non ti viene mai di dubitare di un fatto del genere? Io, in verità, lo ritengo soltanto molto strano, poiché mi sarei aspettato il contrario!»

«È senz'altro così, Senia! L'ho potuto anche constatare in più di una occasione. A ogni modo, questo non è il momento di riferirti quando e dove ciò mi è successo. Adesso, invece, mi conviene istruirti sui vari compiti che ti attendono durante la mia vita da lupo, informandoti nel contempo sulla condotta che dovrai assumere nei confronti dei lupi. Soprattutto dovrò farti imparare quelle poche parole che riescono a decrittare nel linguaggio dei lupi i principali comandi da impartirgli, se vuoi che essi li eseguano. Ma se ne avrai bisogno, non ti mancherà il prezioso aiuto di Tocur, il quale sarà ben lieto di dartelo. Anch’egli è a conoscenza di tutte quelle parole con cui mi faccio comprendere ed ubbidire dai lupi. A volte, se ne serve pure lui, quando intende raggiungere il medesimo scopo. Egli non smette di ripetermi che, quando gli capita di farlo, si diverte tantissimo a dare degli ordini alle nostre intelligenti bestie!»

Per preparare la sua piccola allieva in ogni dettaglio, a Bulkar erano bastati gli undici giorni che gli restavano, prima di andare incontro alla sua successiva trasformazione in lupo. Così egli la mise in condizione di poter affrontare completamente a suo agio la sua prima esperienza in sua assenza. Ma anche l'amico Tocur, che egli poco prima le aveva fatto conoscere, dopo essere andati a trovarlo, gli aveva dato una mano nell’erudire Senia in quella prova, la quale certe volte non si era presentata semplice, a causa della sua età.